La proposta shock: vendere la Gioconda e avere denaro contro la crisi
Che farsene della Gioconda in un museo? Meglio venderla e rilanciare l'economia. Ecco la proposta che sta creando una gran polemica. E il prezzo? C'è da tenersi forte...
Che farsene della Gioconda, in un mondo colpito dalla crisi economica causata dal Covid-19? Meglio venderla, per avere il denaro necessario a fronteggiare l'emergenza. E' questa la proposta shock avanzata da Stéphane Distinguin, fondatore della società Fabernovel, specializzata in consulenze sull’innovazione digitale.
A onor del vero, monsieur Distinguin vorrebbe utilizzare il denaro ottenuto per rilanciare la cultura. Ecco la sua teoria. La Gioconda è un «oggetto alto 79,4 centimetri, largo 54,4 e profondo solo 14 millimetri... La trovo un po’ inquietante, e non mi piace neanche la passione nazionalista che suscita da sempre... Attorno alla Gioconda c’è un’ossessione del possesso. Liberiamocene, e usiamo quei soldi per pensare al futuro della cultura e dell’arte».
Vendendola, si potrebbe aiutare il mondo della cultura:«Vendiamo il gioiello di famiglia. Non certo per fare cassa ma per finanziare il rilancio di un mondo della cultura che altrimenti rischia di non sopravvivere al coronavirus», ha dichiarato Distinguin.
E a che prezzo potrebbe vendersi la Gioconda, capolavoro inestimabile? C'è già una cifra: «Diciamo come minimo 50 miliardi... Si calcola che due milioni di turisti l’anno vadano al Louvre soprattutto per vedere Monna Lisa. Possiamo stimare quindi che la Gioconda frutti al Louvre e indirettamente all’economia francese (tra merchandising, alberghi e biglietti aerei) grosso modo tre miliardi di euro l’anno. Una base d’asta di 50 miliardi mi pare ragionevole».
Chiare le idee anche su chi potrebbe comprare: «Penso che gli acquirenti non mancherebbero. Jeff Bezos ha speso poco meno per il suo recente divorzio. Oppure si potrebbe pensare a una sua sponsorizzazione, oppure ancora imitare quel che già si fa nel mondo dell’arte contemporanea per monetizzare le opere di alcuni artisti ricorrendo a token non fungibili e blockchain. La Gioconda a garanzia di una nuova moneta virtuale. Insomma una volta accettato il principio di sfruttare in modo diverso, più moderno, il valore della Gioconda, si aprono molte prospettive».
Certo un'idea che fa discutere. Come ricorda Distinguin, le reazioni sono «Le più varie, dai nostalgici della monarchia che inorridiscono, ai conservatori che scuotono la testa e sottolineano come il patrimonio coincida con l’identità di un popolo, ai progressisti che capiscono la mia voglia di guardare verso il futuro. Poi ho avuto anche amici italiani che mi hanno ripetuto ”La Gioconda è nostra”, anche se a differenza di altri tesori presenti nei musei francesi o inglesi la Gioconda non è affatto un bottino di guerra né il frutto di un furto: come è noto fu acquistata dal re francese Francesco I»