23 Luglio 2022
Amy Winehouse: impossibile dimenticarla. Per il suo talento, la sua fragilità, la sua breve, fulminante esistenza. Amy ha vissuto davvero poco (è scomparsa il 23 luglio 2011, a soli 27 anni), ma la sua esistenza è stata ricca di arte, luce e momenti drammatici.
Difficile sapere cosa davvero ha provato, cosa ha vissuto: hanno provato a raccontare la sua vita e i suoi tormenti i familiari e gli amici. E proprio un amico, il più caro, Tyler James, ha adesso pubblicato un libro dedicato ad Amy: “La mia Amy”.
Il sito Rockoonline lo ha intervistato. Nel corso della discussione, Tyler ha spiegato perché ha voluto scrivere il libro: «È stato un processo lungo, durato anni – dice James – quando ho iniziato a scrivere tutto quello che ricordavo tramite appunti sul mio telefono, riuscivo a stare meglio. E poi ho incominciato a scrivere di più e sempre di più ed è stato come lasciar uscire tutto. È stato catartico. L’ho fatto per me, ma anche per lei, per ristabilire una verità. Amy, spesso, viene raccontata per quello che non era. Da tre anni aveva preso a calci l’eroina, era pulita e stava lottando per gettarsi alle spalle anche l’alcol. Questo, però, non le viene riconosciuto. Si riduce tutto, in modo troppo semplice, a una "storia rock" di eccessi».
Amy e Tyler si conoscevano fin dai tempi della scuola. Erano rimasti amici sempre, durante il periodo in cui la Winehouse non era famosa e anche dopo, dal successo strepitoso di "Back to Black" al periodo del tormentato matrimonio con Blake Fielder-Civil. Amy e Tyler condividevano anche casa a Camden Square.
Secondo Tyler, fu il successo a nuocere ad Amy: «L’inizio dei disturbi alimentari di Amy, una lotta continua tra anoressia e bulimia, coincise con il successo, con i tour. Fummo entrambi improvvisamente proiettati in un mondo di servizi fotografici e video. Era una persecuzione. Per lei era un costante rivedersi ovunque, questo la portò a un’ossessione malsana per il fisico mai sperimentata prima. A nessuno importava come questo influisse sulla sua salute mentale".
E ancora: «Era un costante giudizio e pregiudizio su quello che la riguardava, dalle piccole cose al martellante richiamo all’uso di droghe. Attribuisco il suo senso crescente di solitudine alla celebrità. La tagliava fuori dal mondo e dalla società, le impediva di essere trattata come gli altri. Tutti la vedevano come qualcosa di diverso dalla semplice Amy. Odio quando la sua fragilità viene liquidata con un "sarebbe morta lo stesso, era una tossica". Negli ultimi tempi Amy non voleva morire, non era questo il suo problema. Il desiderio di morte non c’entrava niente con l’alcolismo, lei voleva solo essere normale».
Tyler aggiunge: «Cercava sempre di essere la persona che pensava di dover essere. Ero arrivato a odiare il personaggio Amy Winehouse, io volevo solo Amy. Amy non aveva mai voluto diventare famosa. Quando iniziammo a fare musica da ragazzini non pensavamo al successo, a tutto quello che sarebbe potuto accadere. Voleva fare la cantante jazz, certamente, ma avendo una vita semplice. Non voleva essere una star. Eravamo persone molto diverse. Lei era sempre ribelle, ma se ci guardavamo dentro trovavamo delle affinità: eravamo due introversi, complicati, ossessionati dalla musica. Mi ricordo che durante un litigio le dissi: "è meglio vivere come Amy piuttosto che morire come Amy Winehouse", cercando di farle capire che non doveva farsi condizionare da quello che dicevano o scrivevano su di lei».
(Foto Getty Images)
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