Gipi e La terra dei figli: il fumetto capolavoro
Una satira sottile, arguta, un ritratto quasi crudo: è la metafora della società di oggi e di quella del futuro. in un fumetto firmato Gipi
Quale terra stiamo lasciando ai nostri figli? Possiamo disquisire per ore a riguardo, informarci, spiegare, confrontarci, tirar fuori anche grandi tesi per dire la nostra o ribattere a quelle altrui. Insomma, i modi per far riflettere sul tema sono tanti e svariati. E se avesse la stessa capacità anche un fumetto? Parliamo di un fumetto nello specifico: l’autore è Gipi e il titolo è La terra dei figli; un ritratto crudo e intuitivo e, allo stesso tempo, che spinge alla riflessione; un ritratto disarmante della società contemporanea e della strada che stiamo spianando (come?) per le generazioni future. Tutto in un fumetto i cui protagonisti sono un padre e i suoi due figli.
Ma qui non ci sono colori, c’è poco o nulla che richiami il mondo animato, fiabesco, o il tratto disincantato e divertente tipico di molti fumetti, adolescenziali e non. Qui, di contro, il tratto è schizzo confuso, gettato rapidamente con la stessa frenesia con cui viviamo oggi, è nero su bianco, è un tratto che diventa tutt’uno con lo sguardo e l’animo di chi legge, intriso di tensione come il nostro mondo, o meglio, come il mondo che immaginiamo di lasciare ai nostri figli. Non a caso la storia ideata da Gipi è ambientata in un futuro non ben definito, ma sicuramente postumo ad una catastrofe, alla “fine”. È una storia del futuro, sì, ma che ha i tratti di un ritorno alle origini. Eh già, perché il protagonista del fumetto e i suoi due figli vivono in una baracca in riva a un lago e sono costretti a grandi sacrifici per la sopravvivenza.
Ma la terra dei figli non è migliore della nostra, è sporca e i personaggi sono insensibili, cresciuti in maniera selvaggia.
Eppure sembrano essere reduci dal mondo ormai finito, un mondo virtuale trasposto in una realtà fisica. Ed ecco allora che i fedeli sono a caccia di like “verbali”, sono seguaci di un dio Fiko e dunque di una finta religione. L’allusione al mondo dei social è chiara.
Un ritratto che colpisce, che, se ci fermiamo a guardarlo bene potremmo trovarci noi stessi, nel modo di vivere, nella ricerca spasmodica di approvazione, nel modo di vivere la realtà così come noi viviamo il mondo virtuale. E ci siamo nelle loro paure e nelle loro tensioni.
Un fumetto forse non per ridere, sebbene la satira sia parte fondante, ma sicuramente è un’opera che fa riflettere.