27 Novembre 2020
Scacchi, che passione. Se le origini del gioco di strategia più famoso del mondo risalgono al V secolo, a restituire grande notorietà a questa antica arte è stato il romanzo “La Regina degli scacchi”, scritto nel 1983 da Walter Tevis e recentemente adattato per una serie televisiva di grande successo. A essere raccontate sono le vicende di Beth Armon, una giovane che entra in contatto con gli scacchi durante il periodo trascorso in orfanotrofio, diventando presto una delle giocatrici più forti della storia.
Cresce così l'interesse per un gioco che è anche pura strategia e filosofia applicata, mix perfetto di genialità e pazienza, lampi d'ingegno e tenacia costante.
Ma... sapevate che il numero di posizioni legalmente ammesse è stimato oscillare fra 1.043 e 1.050? Per ogni singola mossa invece le possibilità variano da 0 a 218.
Infatti la prima mossa di apertura può svolgersi secondo 20 possibilità diverse; già la seconda ne vanta 400, la terza 8902. Secondo uno studio matematico il numero di partite possibili è superiore al numero di particelle dell’universo visibile.
La partita ufficiale più lunghe della storia è probabilmente quella giocata a Belgrado il 17 febbraio 1989, tra Nikolic e Arsovic: ben 20 ore a fissare la scacchiera, con 269 mosse.
Gli scacchi hanno anche visto le sfide mozzafiato tra uomo e computer. Nel 1997 Garry Kasparov, uno dei più grandi scacchisti del mondo, giocò contro Deep Blue, un super-computer creato dalla IBM. E perse.
Il primo campionato mondiale di scacchi per computer si era svolto nel 1974 a Stoccolma (vinse il programma sovietico "Kaissa").
Una incredibile partita in simultanea si svolse invece in Islanda, nel 1977: lo scacchista tedesco Vlastiml Hort affrontò 550 avversari (di cui 201 simultaneamente).
Antesignano degli scacchi fu il chaturanga, inventato in India fra il IV e il V secolo d.C. e seguito dal chatrang, giunto in Persia un secolo più tardi. Questo sarebbe stato poi ribattezzato shatranj dai conquistatori arabi prima di giungere in Europa. L’inventore di questo gioco è identificato con Sassa, figlio del re indiano Dahir. Questi compare in diverse leggende che narrano la nascita del gioco, come ministro, dignitario di corte o bramino. Le storie sono state raccolte dallo scacchista francese Jules Arnous de Riviére, nel volume “Nuovo manuale illustrato del giuoco degli scacchi. Leggi e principi”, tradotto in italiano nel 1861.
Nella prima storia il re Kaid, dopo aver sconfitto tutti i nemici e ripristinata la pace, per sottrarsi alla noia chiede aiuto al ministro Sassa. Questi lo incoraggia a provare gli scacchi, riducendo il numero di pezzi in campo da 56 a 32. Quando Kaid offre una ricompensa, Sassa risponde di volere soltanto un diram d’argento per la prima casella, due per la seconda, quattro per la terza e così via fino alla sessantaquattresima. Una richiesta che neppure tutti i diram del globo potrebbero accontentare. Il tiranno dovrebbe infatti sborsare oltre 18 trilioni di diram. Due gli epiloghi: nel primo il re offre il regno all’altro dignitario, che rifiuta. Nel secondo, ritenutosi preso in giro, lo fa mettere a morte.
Nella seconda storia Sassa fa da primo ministro al giovanissimo figlio del re Fur e, per educarlo all’arte della guerra, gli impartisce un corso accelerato di scacchi. La mossa si rivela vincente e il monarca, dopo aver sconfitto i nemici, si infatua del passatempo con cui ha salvato il regno. Nella terza storia, invece, i protagonisti sono i fratelli Ralkland e Gau, che si contendono un impero. La loro disputa fa scaturire una guerra civile che vede imporsi Gau, mentre l’altro muore per un aneurisma. A questo punto entra in gioco Sassa che, ricostruendo la battaglia sulla scacchiera, riesce a dimostrare alla madre dei due fratelli che la mano assassina non è stata quella di Ralkland, ma che Gau è morto per cause naturali. Un’altra leggenda vede infine il bramino (sacerdote appartenente alla casta indiana dei religiosi) Sissa istruire un principe con comportamenti da tiranno. Attraverso gli scacchi riesce a fargli capire quanto un re debba essere riconoscente ai pezzi della sua scacchiera. Anche in questa storia entra in ballo l’iperbole della ricompensa.
La regina degli scacchi italiana è bergamasca e ha 26 anni. Marina Brunello è già Grande Maestro Femminile e Maestro Internazionale di scacchi. Nel suo palmares vanta un oro alle Olimpiadi del 2018 e la partecipazione, in qualità di prima e unica donna, al Campionato italiano assoluta. In comune con la protagonista del romanzo di Walter Tevis ha la capacità di combattere ad armi pari in un ambiente ancora fortemente maschilista: “Noi donne non siamo mai state trattate molto bene dalla società. Dobbiamo sempre dimostrare di essere "almeno" come un uomo – ha dichiarato la giocatrice classe ’94 - ma non dovrebbe essere così: siamo tutti persone prima di essere maschi e femmine. Adesso socialmente è più accettato che una ragazza possa giocare a scacchi, prima era una cosa assurda. Tutta la società è maschilista. Non so il numero di volte che mi son sentita dire: non puoi fare questo perché sei una femmina. Ci siamo passate tutte. Finché la società non cambia continueremo ad avere questo problema”.
Quello di scacchista professionista è una vera e propria professione. E, in quanto tale, richiede sacrificio, dedizione e cultura del lavoro: “Si studia diverse ore al giorno. C'è sia preparazione teorica che fisica: io vado a correre e gioco a calcetto, un minimo di attività fisica serve. Le doti essenziali? Sicuramente una buona preparazione tecnica: bisogna studiare molto e capire il gioco. Poi al di là del puro studio direi buoni nervi e una buona condizione fisica. Una partita di media in un torneo dura quattro ore: una partita al giorno per circa 10 giorni”.
(Foto Getty Images)
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