RMC DOC- Starbene
22 Novembre 2017
Da anni c'è la tendenza palestrara a far sempre di più per credere d'ottenere ancora di più. Più allenamenti, più attività e quindi più integrazione. Dal cromo picolinato alle alghe del Madagascar, ogni giorno spunta all'orizzonte, sbancando il mercato, un nuovo integratore dall'effetto dubbio, ma dal costo certo.
Partiamo dal presupposto che un integratore alimentare possa integrare e basta. Perciò, non va a sostituire un bel niente ma ad “integrare” quando si è costretti a saltare un pasto, si è in una scalata di montagna e non si possono portare dietro i piatti, o si è su una bici da ore e non ci si può fermare al bar per un super panino. Ma questi, ovvio, sono estremi di chi lavora ininterrottamente a una catena di montaggio, fustigato se si ferma per mangiare, di chi ascende il Monte Bianco in arrampicata o di chi sta partecipando al Giro d'Italia.
Un po' d'ironia su questa malattia dell'integrazione occorre, specie quando alcuni frequentatori di palestre tolgono la pasta dalla tavola per ricomprare, a centinaia d'euro e nei barattoloni, chili di carboidrati realizzati sinteticamente. Provate a verificare sul vostro corpo la sensazione che produce un pasto perfetto “vero” e confrontatelo con l'effetto percepito dopo aver trangugiato un frullato sintetico. L'integratore andrà bene nel post-workout o se si correrà da un giorno intero senza avvicinarsi a una tavola, sennò meglio un piatto di penne al pomodoro per mettere carburante di qualità e stare, allenamenti permettendo, in forma perfetta.
Roberto Romano
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