La musica ti emoziona? Vuol dire che il tuo cervello è più sensibile

Uno studio scientifico sostiene che chi si entusiasma profondamente ascoltando la musica dispone di un cervello davvero speciale

02 Aprile 2021

La musica ti emoziona? Vuol dire che il tuo cervello è più sensibile

Se quando ascolti un brano musicale ti viene la pelle d’oca, allora hai un cervello speciale. Avere i brividi ed emozionarsi sulle note di una canzone è una questione di fibre nervose cerebrali: nelle persone “più sensibili” il sistema uditivo si unisce ai sistemi di emozione e di ricompensa del cervello.

Lo rivela una ricerca condotta da Matthew Sachs, dottorando dell’University of Southern California, in collaborazione con altri ricercatori dell’Università di Harvard e della Wesleyan University, in Connecticut pubblicata sulla rivista Social Cognitive and Affective Neuroscience di Oxford Academic Press.

La reazione fisica ed emotiva dipende dal fatto che ci sono molte più fibre che uniscono particolari regioni cerebrali. Chi “soffre” di pelle d’oca da musica, ha più fibre nervose che dalla corteccia uditiva, indispensabile all’ascolto, portano ad altre due regioni: la corteccia insulare anteriore, coinvolta nei sentimenti, e la corteccia prefrontale mediale, che monitora le emozioni assegnando loro un valore.

Gli studiosi hanno coinvolto un campione di 20 studenti selezionati online tra oltre 200 candidati e solo la metà ha rabbrividito ascoltando la propria canzone preferita. Gli altri 10 nulla. I volontari sono stati poi sottoposti a delle scansioni cerebrali (imaging con tensore di diffusione, DTI), grazie alle quali è stato evidenziato il maggior numero di connessioni neurali tra la corteccia uditiva e le aree che elaborano le emozioni.

“I risultati ottenuti forniscono informazioni sia scientifiche sia filosofiche sulle origini evolutive dell’estetica umana, in particolare la musica, forse uno dei motivi per cui la musica è un artefatto culturalmente indispensabile, perché si rivolge direttamente attraverso un canale uditivo ai centri di elaborazione emotiva e sociale del cervello umano”, spiegano i ricercatori.

(foto Getty Images)

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