Gianna Nannini lancia l'appello: difendiamo la musica italiana!

Valorizziamo le canzoni cantate nella nostra lingua e il nostro ricchissimo patrimonio tradizionale musicale: solo così si guarda al futuro. Le parole di Gianna contro l'omologazione culturale

27 Novembre 2020

Gianna Nannini  lancia l'appello: difendiamo la musica italiana!

Gianna Nannini non ha dubbi: la musica italiana è un patrimonio prezioso, da valorizzare a da difendere. L'artista ne ha parlato con veemenza durante il suo intervento al World Protection Forum.

Il nostro paese vanta una ricchezza musicale di cui dovremmo andare orgogliosi e che va protetta, perché non si perda per sempre: «È un patrimonio e non bisogna disperderlo e neanche dimenticarlo», ha esclamato Gianna. «Il rischio è che tutta questa cultura popolare di nostra origine si disperda... la musica ma soprattutto l’appartenenza alla lingua italiana. Bisogna assolutamente rivalutare e promuovere la lingua italiana. Questo vuol dire che bisogna cantare in italiano, ed è importante perché la lingua italiana è da proteggere, un po’ come è stato fatto in Francia con la legge Toubon».

Rivalutare la nostra tradizione è il modo per guardare creativamente al futuro: valorizzare le nostre radici «non vuol dire rifare il passato, ma fare il futuro. La tradizione è il futuro, non vuol dire rimanere nel passato, essere antichi, vuol dire che puoi fare rap, trap, rock (che è musica popolare per me), e difendere la nostra cultura folk, il folk è il nostro futuro. Non ho capito perché gli altri lo possono fare e noi no. Sono stata a Nashville, a fare il disco nel Tennessee dove c’è la country music, guai a chi gliela tocca la country music, è una roba importante, come la nostra musica dovrebbe essere. Mi sono resa conto che bisogna fare qualcosa».

La Nannini chiede anche al governo un appoggio: «Bisogna prendere assolutamente una posizione, una posizione governativa, non si può stare qui solo a lamentarsi, bisogna creare questa possibilità come hanno fatto anche in altri paesi d’Europa perché il rischio è di perdere questo patrimonio culturale, che è un patrimonio dell’umanità, come la voce... bisogna dare precedenza alle nostre produzioni in italiano e alle tipicità dei linguaggi che solo la musica italiana possiede perché c’è un’articolata territorialità».

L'invito è anche per i colleghi: «Questo è un momento di immobilità e di silenzio della nostra scena, invece la nostra scena in questo momento di silenzio deve urlare, nella sua lingua, deve dire le cose come stanno, deve portare la musica italiana a grandi livelli, che può essere anche fuori dall’Italia, non rimanere fino a Chiasso, come dico sempre io, la nostra musica è una delle cose più belle. La moda, il cinema,… sono tutte cose che vanno fuori dai confini, noi con la musica siamo sempre lì legati, perché non ci crediamo, sembra di fare una cosa che facevano i nonni, ben venga invece, capito?».

Solo valorizzando la tradizione musicale italiana è possibile aprirsi ad altre culture, a nuove contaminazioni: «È uno scambio la vita, lo scambio dei linguaggi è fondamentale. Bisogna difendere prima di tutto la lingua italiana, perché senza quella tutti i meccanismi di comunicazione musicale, radiofonico, televisivo... Ormai c’è un’invasione di musica in inglese, niente contro la musica in inglese ma perché prima non difendiamo la nostra?».

Infine la Nannini racconta un bellissimo aneddoto: «Quando sono andata dagli Himba in Namibia ho chiesto una canzone e loro non mi hanno voluto cantare una canzone, perché si vergognavano. Allora io gli ho fatto una tamurriata nera e loro mi hanno applaudito, da lì è scaturito un rapporto di amicizia, mi hanno mandato, un giorno che ero in alloggio, delle persone di tutti gli Himba che sono venuti a fare un canto per me e io li ho registrati. Lì è nata una canzone, loro non avevano i diritti d’autore, la SIAE, quindi per questa canzone gli ho mandato sei mucche e un toro... Quindi se io vado in Africa, vado a sentire come fanno la musica lì e chiedo come possiamo influenzarci a vicenda, in base ai milioni di ritmi diversi. Credo che la contaminazione sia importantissima».

 

 

 

 

  

 

 

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