Sogni: ecco perché facciamo fatica a ricordarli bene

Al risveglio i sogni che sembravano nitidissimi diventano sbiaditi e frammentari? Non è colpa della vostra memoria. Ma un motivo c'è...

17 Febbraio 2020

Sogni notturni: perché svaniscono quasi subito?

A volte ci sforziamo di ricordarli perché in cerca di fortuna al gioco, altre volte perché non vorremmo lasciar andare quella benefica sensazione che lasciano al risveglio: i sogni, sia positivi che non, possono essere influenzati da molti fattori, come lo stato d’animo o le tecnologie che utilizziamo. A volte non li ricordiamo, pensando erroneamente di non averne fatti, oppure ci svegliamo nel cuore della notte di soprassalto per delle immagini che ci inquietano; altre volte ancora ricordiamo soltanto dei frammenti che spesso generano confusione.

A fare un po’ di chiarezza sull’argomento vengono in aiuto dei parametri che pare influenzino l’attività onirica: questi riguardano la qualità e quantità del sonno. Può darsi che non riusciamo a ricordare perché il sonno viene interrotto prima della fase REM (rapid eye movement), quella in cui avvengono i sogni più vividi e che occupa circa il 25% del riposo complessivo, con un momento più duraturo in prossimità del mattino. 

Altro fattore di disturbo è rappresentato dalla tecnologia: i dispositivi, infatti, influenzano la nostra vita diurna e di conseguenza anche il sonno. Se la nostra prima attività appena svegli è quella di controllare il telefono, questo gesto può incidere negativamente sulla conservazione del ricordo, cancellando potenzialmente il sogno appena fatto. Tore Nielsen, ricercatore all’Università di Montreal specifica però: “Può anche essere che il contenuto dei nostri sogni non sia poi così memorabile”. Ma se riusciamo a ricordare solo i sogni negativi, allora in questo caso è necessario aumentare la qualità del sonno. 

Quando invece ricordiamo la sequenza di un sogno o solo alcuni pezzi, secondo Andrew Varga, neuroscienziato e fisico al Mount Sinai Integrative Sleep Center, la spiegazione risiede nel fatto che l’attività onirica riguarda diverse fasi del sonno. Se infatti la fase REM genera sogni assimilabili ad un racconto; nelle altre fasi questo non accade, e i sogni si riducono ad essere scene e sensazioni decontestualizzate, invece che un unicum narrativo.

Esiste poi anche il sogno consapevole e si verifica quando sogniamo sapendo di essere a letto. Chi fa spesso sogni lucidi potrebbe possedere funzionalità connettive aumentate.

Per concludere: un’attività cognitiva, seppur minima, si verificherebbe in ogni caso, raggiungendo una soglia che non coinvolge emozioni e non genera immagini vivide.

(Foto Getty Images)

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